Alla Bocconi il Secondo Forum Barilla su cibo e agricoltura sostenibile
Democratizzazione dell’energia, è la rivoluzione necessaria per salvare il pianeta. Una proposta in cinque punti da inserire nel piano energetico dell’Unione europea è la ricetta che Jeremy Rifkin, il guru, 65 anni, delle energie rinnovabili e presidente di Foundation on Economic trends a Washington, ha presentato al Forum internazione promosso da Barilla Center for Food Nutrition (Bcfn), ospitato fino al primo dicembre nell’Aula Magna della Bocconi a Milano.
«Con il moltiplicarsi degli uragani nell’area Usa e caraibica, le alluvioni in oriente, la scomparsa da 4 anni di aree glaciali nell’Artico siamo proprio in mezzo ai cambiamenti climatici, molte specie vegetali sono a rischio e anche l’uomo è a rischio-estinzione. In questo scenario, abbiamo bisogno di una rivoluzione energetica in agricoltura», ha spiegato lo studioso. Servono energie distribuite, il solare, l’eolico e il geotermico, ma soprattutto l’impegno dell’Unione europea che – secondo Rifkin – deve risolvere il problema entro il 2020. «Una nuova rete energetica nell’edilizia: sfruttare cioè il sole del mediterraneo così come il vento dell’Irlanda in 91 mila edifici che hanno una posizione perfetta per la distribuzione energetica e che possono diventare micro-centrali autosufficienti; investire 8 miliardi di euro per la conservazione di questa energia pulita; sfruttare nuove tecnologie per costruire nuova rete energetica; tagliare emissioni CO2 nella filiera a partire dai trasporti che dall’anno prossimo dovranno lanciare le auto ricaricabili semplicemente da una presa elettrica».
Nella seconda giornata del Forum si è parlato anche di Ogm, accesso al cibo, nuovi modelli di produzione e consumo e stili di vita delle nuove generazioni. «Non abbiamo bisogno di Ogm, la soluzione hard non funziona. Meglio la selezione assistita con marcatori genetici», ha detto Rifkin. «Invece di vedere la natura come un nemico – ha aggiunto - bisogna abbracciare la natura e farla crescere con i suoi ritmi». Si è scagliato, invece, contro gli spot il presidente onorario di Slow Food, Carlo Petrini. Il suo appello è stato: «Industriali, riducete in pubblicità e investite in informazione. I consumatori hanno grande sete di info sulla tracciabilità dei prodotti, i metodi di trasformazione, l’impronta ecologica del cibo». Secondo Petrini, con una quota di agricoltori italiani ridotto ad appena il 4% e spesso over 65, senza ricambio generazionale “c’é un grande malato: il mondo contadino. E l’Italia non ha comparto agricolo che non sia in sofferenza economica. Questo causa un disastro: la perdita di valorialità del cibo”. Petrini ha invitato poi alla “contrazione dei consumi, di carne ad esempio, i Paesi ricchi, e alla convergenza dei consumi di carne i Paesi poveri. Come dire, affrontare il tema della sovranità alimentare partendo dal locale per avere una visione globale. E rafforzando le reti di solidarietà internazionale”.
Francesca Fradelloni