Un corridoio tra Stati Uniti ed Europa in vista di Città del Messico
Si è chiusa con successo la tavola rotonda “Greening the Transatlantic Alliance: E.U. and U.S. Perspectives on a Global Carbon Market”, organizzata dall’Associazione Corridoi Atlantici, in collaborazione con Fordham University e ISSNAF, presso la sede della Fordham Law School di New York.
Tre i nodi chiave affrontati: la rilevanza delle diverse posizioni negoziali assunte da Stati Uniti e EU alla conferenza di Copenhagen di dicembre; l’analisi e il confronto dei meccanismi di emission trading – politici, legislativi e volontari - che caratterizzano e differenziano l’Europa e gli USA, partendo in particolare dall’esperienza del Chicago Climate Exchange1; la partnership tra US e Unione Europea, concentrandosi sul prossimo obiettivo di Mexico City 2010 e sulle possibilità di incontro e di accordo che saranno attuabili nel prossimo futuro.
Secondo Alberto Musy, fondatore dell’Associazione Corridoi Atlantici e Professore ordinario di Diritto Privato Comparato presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale “la formula innovativa che Corridoi Atlantici ha scelto, cioè portare gli Europei negli Stati Uniti per raccontare le esperienze di successo in campo normativo ed imprenditoriale del vecchio continente, ha raccolto consensi ed apprezzamenti sia da parte degli operatori che da parte degli studiosi.”
Il confronto tra imprese, professionisti, studiosi e decision makers pubblici ha premesso di tracciare alcune importanti linee di riflessione, nella convinzione che nel periodo tra Copenhagen e Mexico City, sede del prossimo vertice sul clima, molti siano i passi che possono essere fatti dalla Federazione e dall’Europa.
Un successo di Copenhagen
Gli esperti che hanno seguito da vicino gli incontri danesi, come Ruben Kraiem (Partner, Covington & Burling LLP) e Valentina Jacometti (Research Professor in Private Comparative Law, University of Insubria & Member, Editorial Board, Rivista Giuridica dell’Ambiente), hanno dato un giudizio positivo di quanto avvenuto a Copenhagen. La presenza al vertice dei Leader dei singoli Paesi, e non solo dei loro rappresentanti come avvenuto invece a Kyoto, pone un nuovo accento sulla portata che i temi ambientali e climatici stanno assumendo a livello mondiale. Si sta assistendo alla nascita di nuovi assetti nelle relazioni internazionali che potrebbero cambiare il panorama attuale (città contro campagne, divisione del fronte dei Paesi in via di sviluppo, eccetera).
Una normativa certa
È stata sottolineata da più partecipanti, che hanno trovato voce in particolare negli interventi di Agostino Re Rebaudengo (C.E.O. & founder, ASJA) e Barbara Pozzo (Professor of Private Comparative Law, University of Insubria), la necessità che gli Stati e le Organizzazioni internazionali perseguano ogni strada possibile per regolamentare compiutamente e con certezza la materia. Avere come punto di riferimento regole certe costituisce, infatti, un fattore determinante nelle decisioni degli operatori economici in merito a pianificazioni industriali corrette e a investimenti nella ricerca tecnologica.
La politica bottom-up
Non deve essere sottovalutato il ruolo dei movimenti bottom-up, come il progetto europeo “Patto tra i Sindaci”, che – come sottolineato da Emilio D’Alessio (Chair, European Sustainable Cities and Towns Campaign & Vice President, UNEP Mediterranean Commission for Sustainable Development) – raccolgono le esigenze dei cittadini e le trasformano in progetti concreti, spesso con anticipo rispetto alle politiche top-down degli Stati nazionali o delle Organizzazioni internazionali.
L’esperienza americana insegna che dove vi è un interesse politico forte da parte delle comunità possono nascere meccanismi e accordi su base volontaria di regolamentazione. Il Chicago Climate Exchange è un esempio significativo di come le comunità locali possono diventare i motori per lo sviluppo di politiche di riduzione delle emissioni e di risparmio energetico, prima dei singoli Stati.
“Nel campo delle politiche per l’ambiente – conclude Paolo Galizzi, Professore associato in Legge e Direttore del Leitner Center for International Law and Justice presso la Fordham Law School di New York – non esistono ricette omnicomprensive, ma si deve tenere un approccio a ‘geometria variabile’. Alla fine, affinché si facciano continuamente passi in avanti, le buone soluzioni sono più auspicabili e raggiungibili di quelle perfette”.