Radiazioni nucleari: i danni per alimenti e salute
In chiusura della Giornata Mondiale della Salute dell’ONU, avvenuta ieri, il WWF si è interrogato sulle conseguenze sugli ecosistemi e sulla salute umana delle radiazioni rilasciate dalla centrale nucleare di Fukushima, in Giappone.
L’obiettivo è che anche i Paesi lontani, come quelli europei, adottino a titolo precauzionale misure per garantire la sicurezza degli alimenti per animali e dei prodotti alimentari, compresi il pesce e i prodotti della pesca, originari del Giappone o da esso provenienti, attraverso un attento controllo delle radiazioni.
A ridosso di un incidente come quello di Fukushima, gli alimenti più colpiti sono le piante e gli animali che si trovano più in basso nella rete alimentare, oltre a quelli che non si possono muovere: alghe, molluschi, invertebrati e pesci stanziali che vivono a ridosso dell’area più a rischio. Meno esposti invece i grandi pesci pelagici predatori che vivono in mare aperto e che si muovono più facilmente. Inoltre i pesci di acqua dolce tendono ad essere meno sicuri dei pesci marini in quanto il mare ha una grande capacità di diluire e di assorbire queste sostanze. Solo una percentuale minore delle polveri radioattive finisce infatti nei fondali e questo permette di attenuare l’impatto di queste sostanze sull’ecosistema marino.
Per quel che riguarda gli animali di terra, capre e pecore ma anche mucche, che mangiano vicino al suolo, tenderanno ad assorbire livelli di radioattività più velocemente di altri animali. Il latte è infatti tra i primi alimenti la cui vendita e distribuzione viene bloccata. Gli animali allevati al chiuso e alimentati con mangimi raccolti e conservati prima del disastro saranno più sicuri di quelli al pascolo.
Il WWF ha sottolineato come, ancora oggi, non si sappia cosa stia precisamente accadendo nell’intorno della centrale di Fukushima, rendendo estremamente difficile avanzare delle ipotesi sugli scenari futuri per la salute. Questi sicuramente dipendono da molti fattori: in primis l’esposizione, che a sua volta dipende dalla quantità e dal tipo di radiazione rilasciati dal reattore, dalle condizioni meteo, come il vento e la pioggia, dalla vicinanza all’impianto e dal tempo trascorso nelle zone irradiate.
“Al di là delle gravissime problematiche dovute all’esposizione diretta delle persone, la diffusione degli elementi radioattivi dipenderà dai fenomeni meteorologici e dalle correnti d’acqua” sottolinea Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del WWF Italia.
La stessa OMS (Organizzazione mondiale della Sanità) afferma che esiste un rischio di esposizione a seguito della contaminazione dei prodotti alimentari. Sebbene, aggiunge l’Organizzazione, “per rappresentare un rischio per la salute gli alimenti contaminati dovrebbero essere consumati per periodi prolungati di tempo”. Ad oggi è stata confermata la presenza di radioattività in alcuni ortaggi e nel latte e alcuni dei primi risultati del monitoraggio alimentare rilevano la presenza di iodio radioattivo in concentrazioni superiori ai limiti prescritti in Giappone. È stato rilevato anche cesio radioattivo e le autorità governative locali hanno consigliato ai residenti di evitare questi alimenti, attuando misure per impedirne la vendita e distribuzione.
“Sarebbe utile ottenere i valori reali delle emissioni, anche se, in realtà, non siamo certi di quali siano o meno i livelli effettivamente ‘sicuri’ e non sappiamo se le dosi, anche molto basse, siano pericolose o meno” rileva Alessi.
Per quel che riguarda gli alimenti, nel periodo immediatamente dopo un incidente, i cibi che sono stati direttamente esposti sono più pericolosi. Questo dipende dalle piogge, dal tipo di terreno (i terreni sabbiosi sono i “peggiori”) e dalla specie di pianta (se assorbe acqua in superficie o se invece ha radici profonde, dalla fase di crescita al momento dell’esposizione). Dopo Chernobyl, spinaci e funghi furono i primi ad essere contaminati e i più colpiti. Oggi in Giappone la storia si ripete: piante trovate positive allo iodio-131 sono in primis verdure a foglia (tra cui gli spinaci) e di nuovo i funghi insieme ad asparagi, cavoli, pomodori, fragole e angurie.