METROnomo 2015: un’indagine sulla tracciabilità alimentare
L’indagine METROnomo creata da METRO Italia Cash and Carry in collaborazione con IEFE Bocconi mette a confronto, nella sua seconda edizione e per la prima volta in Italia, i Professionisti dell’Horeca (bar, ristoranti e hotel) da una parte e i consumatori finali dall’altra, su un tema caldo e tuttavia ancora poco esplorato: la tracciabilità degli alimenti.
Da quanto emerso, per i Professionisti dell’Horeca la tracciabilità è un valore trasversale, che va ben oltre la sicurezza e la garanzia di qualità. La tracciabilità infatti è intesa in modo “tecnico”, da addetti ai lavori, incorporando non solo garanzie di sostenibilità ambientale (80%), ma anche di condizioni di lavoro migliori lungo la filiera (84%). I consumatori, invece, mostrano di essere più tiepidi nel collegare tracciabilità a ambiente e condizioni di lavoro (44 e 45% rispettivamente): la tracciabilità per i consumatori finali risulta infatti essere in larga parte ancora sinonimo di garanzia di argomenti «tradizionali», ossia di una corretta informazione sulla provenienza dei prodotti alimentari (83%), della sicurezza in tutte le fasi e lavorazioni (77%) e della qualità (73%). In sintesi: i Professionisti dell’Horeca hanno idee chiare e professionali su cosa voglia dire tracciabilità, ma non è chiaro quanto questo venga tradotto in pratica. I consumatori appaiono invece molto concreti. Interessante comunque la convergenza sulle prime 3 tematiche premiate da entrambe le parti, identificate in “sicurezza”, “corretta informazione sulla provenienza” e “qualità”.
Il 70% dei Professionisti Horeca pensa inoltre che per i propri clienti la questione della tracciabilità abbia un’importanza decisiva nella scelta, nell’acquisto e nel consumo di un prodotto. Analoga percentuale (79%) per i consumatori: si riscontra quindi una quasi perfetta consonanza tra i due gruppi di intervistati. Questi numeri sono abbastanza sorprendenti, considerando che solitamente si considerano i ristoratori appartenenti ad una categoria poco sensibile ai temi della tracciabilità e, in generale, agli aspetti legati alla sostenibilità della filiera: METROnomo – anche rispetto all’indagine dello scorso anno – smentisce invece questo luogo comune e dimostra come queste tematiche siano presenti tra la lista delle sfide dell’Horeca, che tuttavia a volte si scoraggia di fronte al timore dell’onerosità, in termini economici e di tempo, di adottare buone pratiche in materia.
Ma attenzione: se i Professionisti dimostrano di avere una sensibilità al tema e di conoscere la materia, tendeno però ancora a sottovalutarlo, o a non utilizzarlo adeguatamente. Sotto un altro aspetto, infatti, tenderebbero invece a sopravvalutare la loro attività di informazione, avendo la percezione di fare più di quanto realmente il cliente percepisca. Il consumatore finale, infatti, è sicuramente attento e pronto a cogliere gli elementi distintivi offerti da un bar, un ristorante o un hotel ed è disposto a premiarli. Ma i Professionisti dell’Horeca non possono affidarsi esclusivamente alla loro notorietà: il consumatore cambia, si sposta, valuta anche le altre proposte, e offrirgli un «di più» su un tema caldo come la tracciabilità, può rivelarsi un elemento distintivo della propria offerta che può risultare vincente.
Ma “i consumatori fanno richiesta di prodotti che contengono informazioni sulla tracciabilità?”. Questa domanda è stata fatta ai Professionisti Horeca, i quali hanno dichiarato che soltanto il 24% chiede spesso prodotti tracciabili, mentre il 45% lo fa saltuariamente. Cosa significa? Sembra che i consumatori premino i prodotti che «portano con sé» le informazioni necessarie. La questione è sicuramente meritevole di attenzione: da altri studi e dalla letteratura, si evince chiaramente come i consumatori in realtà chiedano tante informazioni e ne trovino poche. Questo è dovuto al fatto che fino ad ora abbiano potuto ottenerle solamente dalle etichette, ma questi canali non sono più sufficienti, soprattutto nella prospettiva dell’ampia fetta che i consumi fuori casa rivestono sul totale del mercato Food.
Di conseguenza, tali informazioni vengono considerate poco adeguate: soprattutto per una parte di consumatori – quelli più avvertiti e consapevoli – la sfida è oggi passare dal ricevere un’informazione standardizzata ad una “tailor-made”, con diversi gradi di dettaglio, sfumature, approfondimenti e veicolata con nuove modalità di comunicazione. Di fronte a queste nuove esigenze, l’etichetta non può essere un adeguato strumento di informazione per il canale Horeca, dal momento che non si applica al prodotto trasformato. Se infatti, come è emerso dalla ricerca, l’etichetta è ancora oggi il principale strumento informativo a disposizione del consumatore (94%), la vera e propria carta d’identità del prodotto, le persone si trovano «disorientate» all’interno dei locali del mondo Horeca, dove essa scompare.
Alla funzione comunicativa dell’etichetta, seguono le informazioni a scaffale (oltre 44%), i menù dei ristoranti (24%), i siti di informazione (21%) e delle aziende (19%), la pubblicità (17%). Gli ausili elettronici – QR code e codice a barre – sono poco utilizzati (rispettivamente circa 4% e 4%). Forse in uno dei Paesi a maggior utilizzo di smartphone questa potrebbe essere una strada da percorrere.
Tuttavia né l’etichetta né lo scaffale sono mezzi utilizzabili nell’Horeca, mentre QR code e codice a barre sono ancora appannaggio principalmente del retail. Ma i Professionisti hanno a disposizione un ulteriore strumento, che ha anche ottenuto un buon punteggio nella valutazione: parliamo del menù o della documentazione in genere che può essere fornita in loco al consumatore finale (es. cartellonistica, manifesti, informazioni da personale di sala).
Cosa dire dunque delle informazioni che si trovano nei luoghi di consumo? In questo caso è interessante comparare le risposte dei Professionisti dell’Horeca e dei consumatori. I primi si promuovono a pieni voti: il 47% considera le informazioni fornite come approfondite e complete e il 16% come sufficienti. Solo l’8% fa autocritica mentre il 28% non ha il ‘polso’ dei consumatori sul tema.
Questa visione viene letteralmente stravolta dai consumatori: solo il 2,4% considera esaustive le informazioni ottenute nei bar, ristoranti ed hotel, mentre il 48% abbastanza scarse e il 36%. del tutto insufficienti.
Assistiamo quindi ad una completa divergenza tra le due tipologie di intervistati: i consumatori chiedono ulteriori informazioni sulla tracciabilità. Non si accontentano più delle etichette standardizzate, vogliono conoscere la storia del prodotto, come vengono scelte le materie prime, come vengono lavorate: in altre parole il ‘mondo’ che c’è dietro e dentro il prodotto.
Il consumatore finale acquisisce una maturità sempre più crescente: pur dando prevalenza ai temi classici e tradizionali, l’indagine dà evidenza di un consumatore più sofisticato e maturo di un tempo, per il quale inoltre la qualità contiene diverse dimensioni, tra cui l’ambiente. I Professionisti del settore Horeca si trovano quindi di fronte a nuovi bisogni da soddisfare, ma anche a una grande opportunità per differenziarsi, anticipando le esigenze e i temi di interesse emergenti in materia di tracciabilità.