I ricercatori alla scoperta delle Galapagos d’Africa: 27 nuove specie e una possibile candidatura UNESCO
Uno studio condotto da un team internazionale di ricercatori coordinato dal MUSE-Museo delle Scienze di Trento, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Diversity and Distributions, rivela la ricchezza faunistica delle foreste dell’Arco Orientale della Tanzania, note come le ‘Galapagos dell’Africa’. Il lavoro presenta la scoperta di 27 nuove specie per la scienza (di cui 23 sono anfibi e rettili), identifica i motivi dell’importanza biologica dell’area e propone la candidatura dell’area nella lista dei siti patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.
Lo studio documenta la ricchezza faunistica delle montagne dell’Arco Orientale del Kenya e della Tanzania, confermandone l’importanza come uno dei siti a maggiore diversità biologica al mondo. Il lavoro presenta la scoperta di 27 nuove specie di vertebrati e di 14 specie prima non riportate per l’area. La ricerca è stata condotta da un team internazionale coordinato dai ricercatori della Sezione di Biodiversità Tropicale del MUSE che nell’area conduce ricerche e progetti di conservazione ambientale da più di dieci anni. Il team rappresenta diversi enti di ricerca in tutto il mondo e ha condotto lo studio grazie al supporto del Critical Ecosystem Partnership Fund, un fondo globale dedicato agli hotspot di biodiversità.
La ricerca ha compilato ed elaborato dati sulla presenza di anfibi, rettili, uccelli e mammiferi forestali aggiornando le conoscenze precedenti con una considerevole mole di nuovi dati. Raccolti dagli autori tra il 2005 e il 2009, i dati riportano i risultati di esplorazioni nelle aree meno conosciute o inesplorate delle montagne dell’Eastern Arc (Arco Orientale). Queste zone si caratterizzano per la loro età geologica molto antica e per la persistenza di condizioni di “foresta umida” che ha garantito la stabilità necessaria per una straordinaria diversificazione biologica.
La pubblicazione testimonia il significativo contributo che il MUSE offre alla conoscenza della biodiversità globale nelle regioni tropicali Africane. Oltre alla ricerca zoologica, che copre vari ambiti di studio – dalla tassonomia alla ecologia – il MUSE è infatti coinvolto da oltre 10 anni in un programma integrato di ricerca e conservazione delle foreste della Tanzania. In particolare sui Monti Udzungwa – la catena più vasta ed a maggiore importanza biologica dell’area – il MUSE gestisce una stazione di ricerca e monitoraggio ecologico, assieme a progetti di cooperazione ed educazione ambientale.
L’area di studio si estende tra il Kenya meridionale e la Tanzania centro-meridionale, ed è nota da tempo per l’elevato numero di specie ‘endemiche’, ovvero ad areale ristretto a singoli blocchi montuosi. Il nuovo studio, tuttavia, ha elevato il numero di specie conosciute da 170 a 211, con un incremento di 41 specie di cui 27 sono nuove per la scienza. Questi straordinari risultati dimostrano che l’area è tra le più importanti al mondo per la biodiversità. Lo studio ha anche identificato alcuni fattori ecologici che spiegano tale ricchezza biologica: insieme all’ampiezza residua di foresta pluviale – che è l’habitat primario in queste montagne – anche il gradiente di altitudine e la piovosità si sono infatti rivelati fattori critici nel determinare il numero di specie presenti.
“Lo studio indica quanto poco conosciamo aree già ritenute importanti e inserite nella lista dei 34 hotspots globali di biodiversità, e dimostra come ancora oggi basilari inventari delle specie presenti in un’area siano essenziali alla conoscenza del patrimonio biologico del pianeta”, dice Francesco Rovero, Curatore della Sezione di Biodiversità Tropicale del MUSE, che ha coordinato la preparazione della pubblicazione. “In secondo luogo, i risultati ci permetto di ordinare i blocchi montuosi per importanza biologica e identificare quali fattori sono essenziali al mantenimento di tale ricchezza, fornendo ai Governi locali importanti raccomandazioni gestionali, tra cui la candidatura dell’area come patrimonio dell’umanità dell’UNESCO”.
Il Governo della Tanzania sta già prendendo in considerazione la candidatura dell’area nella lista dei siti naturali sotto il patrocinio dall’UNESCO. Se questo avvenisse, il conseguente aumento di visibilità porterebbe anche a un aumento delle possibilità di ottenere un supporto alla protezione duratura di questi preziosi habitat.
“L’età, la stabilità degli ambienti forestali e la storia evolutiva delle foreste dell’Arco Orientale hanno creato le condizioni ideali per una grande diversificazione di specie, che è stata particolarmente importante per gli anfibi e rettili e l’Arco Orientale della Tanzania è attualmente il luogo più importante a scala continentale per questi due gruppi di vertebrati”, dice Michele Menegon, ricercatore della Sezione di Biodiversità Tropicale del MUSE. “Infatti’, ben 23 delle 27 nuove specie appartengono a questi due gruppi, che costituiscono nel loro complesso il 64% dei vertebrati rilevati dallo studio. Ciò dimostra che in quelle montagne esiste un patrimonio di forme di vita ancora in parte da scoprire“.
Dal 1998 la sezione di Biodiversità Tropicale del museo conduce una serie di attività di ricerca e conservazione in Africa orientale. Ufficializzata nel 2008, la sua missione è quella di contribuire alla conoscenza e alla protezione di ecosistemi tropicali tramite la documentazione e il monitoraggio ambientale e mediante progetti che ne promuovono la conservazione.A numerose ricerche, primariamente zoologiche sulla biodiversità delle foreste montane della Tanzania e di altri paesi del sistema montuoso chiamato “Eastern Afromontane” (uno dei 34 hotspots di biodiversità globale), si è affiancato dal 2004 un programma di lungo periodo che ha integrato ricerca, conservazione e cooperazione allo sviluppo ambientale. Il modello operativo sviluppato è di esempio a livello provinciale e nazionale, e ha portato a intessere relazioni internazionali di eccellenza.
Tra i risultati ottenuti vi è la realizzazione del Centro di Monitoraggio Ecologico dei Monti Udzungwa, sezione territoriale del MUSE ed elemento cardine delle attività in Africa orientale. In oltre 7 anni di attività, il centro ha ospitato e facilitato l’operato di oltre 200 ricercatori; ha realizzato corsi di formazione per tecnici locali; ha avviato un programma di cooperazione ambientale che svolge l’importante ruolo di armonizzare la protezione del parco con lo sviluppo socio-economico delle comunità locali, il cui sostentamento è intimamente connesso ad un utilizzo sostenibile delle risorse naturali. Tale programma vede oggi il coinvolgimento di 14 villaggi e 18 scuole nel programma di cooperazione ambientale svolto insieme all’Associazione Mazingira.La Sezione ha prodotto oltre 80 pubblicazioni scientifiche e come testimonia questa ultima importante pubblicazione opera in una rete importante di collaborazioni in Tanzania e a livello internazionale.