Fiumi e idroelettrico: da Trento alla Nuova Zelanda per studiare gli impatti
È in partenza per la Nuova Zelanda Guglielmo Stecca, ricercatore che dopo il dottorato in Ingegneria Ambientale all’Università di Trento, è ora impegnato in un progetto sull’impatto delle dighe e sulla gestione e riqualificazione dei fiumi. Il progetto sarà finanziato dalla borsa “MarieCurie – International Outgoing Fellowship” di 260.000 euro, vinto di recente. Lo scopo del progetto di ricerca è studiare come i fiumi, nella realtà, rispondano ai cambiamenti del regime delle portate e dei sedimenti indotti dalle dighe e sviluppare strumenti predittivi (un modello numerico) che permettano di quantificare, in anticipo, i possibili impatti delle dighe e quindi cercare di mitigarli oppure, dove i fiumi siano già alterati, proporre strategie di riqualificazione.
L’uso delle dighe a scopo idroelettrico è sempre più cruciale nello scenario energetico di oggi, per i molteplici vantaggi che offre soprattutto in confronto alle fonti di energia tradizionali. Ci sono però degli effetti sull’ambiente fluviale, che vengono studiati in molti Paesi grazie agli sforzi congiunti di ricercatori, produttori di energia ed enti locali per proporre strategie efficaci di riqualificazione ambientale. Molti aspetti sono tuttavia ancora poco chiari, soprattutto in relazione all’evoluzione morfologica degli alvei.
BraidSideEarth (acronimo di “The Braided Side of the Earth: modellazione dell’impatto di lungo termine dovuto alle dighe sulla morfologia degli alvei intrecciati dei fiumi a letto in ghiaia della Nuova Zelanda, per sostenere la riqualificazione dei fiumi europei gravemente alterati”) si svolgerà tra il Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e meccanica dell’Università di Trento (DICAM), che è la sede principale del progetto, e il National Institute of Water and Atmospheric Research (NIWA), Christchurch, Nuova Zelanda. Di durata triennale, comincerà nell’aprile 2015.
“Durante i primi due anni – dice il postdoc Guglielmo Stecca – sarò visiting researchfellow al NIWA. Quindi ritornerò a Trento per il terzo anno. Lo scopo ultimo, al rientro in Italia, sarà la definizione di nuove strategie di gestione di alcuni fiumi europei interessati dalla presenza di dighe al fine di recuperarne la salute ambientale”. Il responsabile del progetto per l’Università di Trento sarà Guido Zolezzi, docente del DICAM e già direttore del dottorato europeo SMART in scienze fluviali. Mentre il supervisore della fase neozelandese D. Murray Hicks, un nome di spicco per la geomorfologia fluviale.
Oggetto di studio sono i sistemi fluviali ad alveo intrecciato (braided rivers), ovvero quei fiumi che si caratterizzano per una molteplicità di canali, biforcazioni,confluenze, isole con presenza di vegetazione. In passato i fiumi di questo tipo erano comuni in Europa. La situazione è cambiata con la canalizzazione degli alvei, l’estrazione di inerti e la costruzione di dighe. Esempi di fiumi italiani che sono stati trasformati nella loro morfologia sono il Brenta e il Piave. Mentre il Tagliamento, nel tratto pedemontano, rappresenta un caso unico in Europa di alveo intrecciato che ha mantenuto quasi intatte le sue caratteristiche. La situazione della Nuova Zelanda è diversa e per questo preziosa per i ricercatori.
Spiega Stecca: “La Nuova Zelanda (in modo particolare la South Island, che è la parte meno urbanizzata e abitata) fornisce, da un punto di vista europeo, l’opportunità di “tornare indietro nel tempo” e osservare i fiumi in condizioni quasi originarie. Il fatto che le poche alterazioni prodotte in Nuova Zelanda siano molto recenti dà inoltre la possibilità di studiare i mutamenti negli stili fluviali ancora in atto.Utilizzeremo un approccio che combina tra loro elementi di idraulica, digeomorfologia fluviale, di ecologia e di matematica applicata”.
La prima attività sarà la costruzione di un database di fiumi ad alveo intrecciato dal letto in ghiaia, allo scopo di studiarne l’evoluzione morfodinamica. Quindi sarà sviluppato un modello numerico eco-idraulico in grado di predire gli effetti morfologici delle alterazioni nell’arco di alcuni decenni. L’affidabilità del modello sarà verificatagrazie ai dati raccolti nella prima attività. La terza fase vedrà i ricercatori impegnati ad applicare il modello per quantificare questi impatti sulla morfologia degli alvei. Infine sarà la volta della quantificazione della risposta del fiume a diversi scenari digestione alternativa, attraverso l’uso del modello numerico, per proporre strategie di mitigazione laddove le dighe siano ancora da costruire (in Nuova Zelanda, ma anche nei vicini Balcani) e strategie di riqualificazione dove le dighe siano già in funzione da tempo (in Europa).