Dissalatori, soluzione alla carenza d’acqua? Ma serve una normativa sugli scarichi
Con la siccità che, ogni anno, coinvolge anche il nostro Paese, a causa dei cambiamenti climatici, il mare potrebbe diventare la principale risorsa idrica disponibile. La dissalazione dell’acqua marina può dunque rappresentare una valida soluzione alla crisi idrica che quasi sicuramente ci troveremo ad affrontare. Serve però una normativa specifica sul funzionamento degli impianti e in particolare sullo scarico della salamoia direttamente in mare, che causa danni all’ecosistema. Temi affrontati, il 9 novembre scorso, durante il convegno “L’emergenza idrica e la dissalazione dell’acqua marina: impatti e normativa” organizzato da Marevivo, Associazione Nazionale Comuni Isole Minori (ANCIM) e Idroambiente Srl.
Con la diffusione della tecnologia della dissalazione, legata alla carenza di acque destinabili al consumo umano, sono iniziati infatti i primi studi sugli effetti degli scarichi, ovvero dell’impatto antropico sulla biodiversità dell’ambiente marino, in particolare sulla fascia costiera. Analizzando i casi di Lipari e Ustica, in entrambi sono stati confermati le ipotesi e gli studi internazionali che dimostrano come lo scarico della salamoia crei un danno alla biodiversità. È un primo campanello di allarme che, si spera, possa essere la premessa per approfondimenti scientifici, adeguamenti normativi e modifiche tecnologiche al fine di prevenire, o perlomeno mitigare, anche questa tipologia di impatto per la salvaguardia della risorsa mare. Attualmente anche le conoscenze sulle implicazioni ecotossicologiche relative alle attività di bonifica in sito di sedimenti marini contaminati sono frammentarie, incomplete o assenti.
Il moderatore dell’incontro, Avv. Antonio Cavallo, ribadendo come, ad oggi, manchi una normativa adeguata sull’impatto ambientale degli impianti di dissalazione, ha precisato a questo riguardo: «Nel D.Lgs. 152/2006, che regola la materia degli scarichi, non è presente alcuna norma specifica sul tema, non vi è obbligo di procedere a valutazione di impatto ambientale degli impianti dissalatori, manca l’indicazione dell’analisi rapporto costi-benefici e non vi è un espresso divieto di scaricare in mare i prodotti chimici derivanti dai processi di dissalazione».
«Abbiamo organizzato questo incontro proprio per avviare un confronto – ha affermato Rosalba Giugni, Presidente di Marevivo – e come associazione abbiamo proposto di riunire le istituzioni, gli esperti del settore e le associazioni in un tavolo per trovare soluzioni concrete. C’è ancora molto da fare sul campo scientifico per studiare i danni che tali impianti hanno sull’ecosistema marino. I dati sono ancora limitati. A questo si aggiunge anche la carenza normativa che deve essere necessariamente colmata affinché la dissalazione possa essere nostra alleata senza impatto sulla biodiversità marina.».
«L’acqua è un elemento essenziale ed irrinunciabile nella vita – ha concluso Gian Piera Usai, della Segreteria generale ANCIM - questa affermazione è particolarmente vera per le Isole minori. Da sempre ha costituito un fattore di coesione tra i popoli ma anche di marginalizzazione. Nel riconsiderarne il rilievo, anche a seguito dei cambiamenti climatici, l’ANCIM ritiene che il tema vada trattato in un nuovo modello olistico e che necessiti di soluzioni più strategiche nel contesto dell’economia circolare che si va affermando».
All’incontro hanno partecipato anche Francesco Aliberti e Marco Guida, Professori di Igiene dell’Università Federico II di Napoli; Giovanni Libralato, Eco- tossicologo della stessa università; Roberto Bedini, Direttore dell’Istituto di Biologia ed Ecologia Marina (IBEM) di Piombino e Luca Lucentini, Direttore del Reparto Igiene Acque Interne dell’Istituto Superiore di Sanità.