ONU, la quinoa come simbolo della biodiversità nel 2013
Il 2013 sarà l’anno dedicato dalle Nazioni Unite a due temi cruciali per lo sviluppo sostenibile. Il primo riguarda la cooperazione internazionale per la gestione dell’acqua, una risorsa fondamentale per lo sviluppo socio-economico, ma soprattutto per la sicurezza alimentare di tutti i popoli, la salute umana, il benessere fisico e l’igiene. L’altro tema riguarda la “quinoa”, una pianta tipica della catena montuosa delle Ande, l’alimento base per le popolazioni andine da ben 5000 anni. Si tratta di un alimento piuttosto completo, che oltre a fibre e minerali, come fosforo, magnesio, ferro e zinco, contiene grassi in prevalenza insaturi, ed è anche un’ottima fonte di proteine vegetali.
Un piccolo seme, quindi, diventato testimone degli ecosistemi naturali di alta montagna e simbolo per la protezione della biodiversità, in tutti i suoi aspetti. inclusi quelli sociali e culturali dei popoli della terra. Il merito va alle popolazioni indigene che, coltivando e tutelando la quinoa per la propria sicurezza alimentare, hanno dato un rilevante contributo non solo al mantenimento della biodiversità della catena delle Ande (e in generale del sud America), ma anche al mantenimento della propria identità sociale e culturale. Ruolo che le Nazioni Unite hanno inteso evidenziare dedicando il prossimo anno a questa pianta custode della biodiversità e degli equilibri di ecosistemi tipici montani.
A livello planetario però la sicurezza alimentare, oltre che da risorse come la quinoa, garanzia di sussistenza per alcune popolazioni, è legata sicuramente in primis all’acqua. Lo sviluppo socio economico e la crescita della popolazione mondiale contribuiscono alla crescita della domanda d’acqua in tutto il mondo. Le risorse idriche accessibili invece tendono a essere sempre meno. Gli usi inappropriati e l’inquinamento delle acque sono le principali cause del degrado della loro qualità, alle quali va aggiunta la preoccupante riduzione dei volumi disponibili, dipendente dagli sprechi, ma imputabile anche ai cambiamenti del clima. Una gestione integrata delle risorse idriche, che promuova la protezione degli ecosistemi acquatici e l’ambiente naturale, il risparmio e l’uso efficiente dell’acqua e la prevenzione contro i rischi di siccità e alluvioni, non è più solo un problema a livello di bacini e distretti idrografici a carattere sub nazionale e nazionale. La gestione integrata delle risorse idriche è diventata ormai un problema internazionale, che ha bisogno di adeguate strategie e azioni di cooperazione tra gli stati, al fine di evitare futuri conflitti per l’acqua. Verrebbe in tal modo bloccato anche il peggioramento delle condizioni di vita di popolazioni che ancora oggi non hanno accesso all’acqua potabile.
La situazione, infatti, appare preoccupante se si considerano gli scenari elaborati recentemente dall’OECD secondo cui, al 2050, la domanda d’acqua è destinata a crescere globalmente di circa il 55% rispetto all’anno 2000. La maggior crescita di domanda d’acqua verrà dall’industria manifatturiera (+400%) seguita della produzione di energia elettrica (+140%) e dagli usi civili dei nuovi insediamenti urbani (+130%), con pesanti conseguenze per l’ambiente naturale, ma anche per l’agricoltura e gli insediamenti umani rurali.
Su agricoltura e produzione agroalimentare, però, è necessario fare un discorso a parte: secondo quanto emerso durante la “Settimana mondiale dell’acqua” (Stoccolma, 26 – 31 agosto 2012), l’agricoltura è, allo stesso tempo, causa e vittima del depauperamento delle risorse idriche, poiché consuma, attualmente, mediamente il 70% delle risorse idriche mondiali, in un contesto in cui diminuiscono le risorse idriche disponibili, ma cresce l’esigenza di garantire cibo e sicurezza alimentare per una popolazione mondiale in aumento. Una soluzione sostenibile è quella nel cambiare radicalmente le modalità di uso dell’acqua lungo tutta la filiera alimentare, puntando sul risparmio e l’uso efficiente dell’acqua nelle pratiche irrigue, su sistemi di accumulo e conservazione dell’acqua, che hanno importanza prioritaria anche contro i rischi di siccità e di alluvioni e, infine, sul riciclo e il riuso dell’acqua depurata. Ne trarrebbero beneficio anche gli ecosistemi naturali acquatici e la biodiversità, oltre che la qualità e l’integrità delle risorse idriche.
Se non si procede a una gestione sostenibile delle risorse idriche, oltre il 40% della popolazione mondiale vivrà in bacini idrografici affetti da gravi carenze idriche, carenze alle quali aggiungere anche un aumento di circa il 20% dei rischi di danno alla vita umana e di ben il 340% dei rischi di danno alle attività economiche. Percentuali che l’OECD stima per il 2050 e a cui i governi di tutto il mondo sono chiamati a riflettere.