L’Unione Europea davanti alla sfida degli OGM 2.0
Selezione varietale inversa, innesti cisgenesi e intragenesi, agroinfiltrazione, nucleasi a dito di zinco. Sono solo alcune delle “nuove tecniche di miglioramento genetico vegetale”, dai nomi decisamente inquietanti. Naturalmente sconosciute alla maggioranza di noi, ma che permettono la manipolazione tramite le cosiddette new breeding techniques (NBTs). E la creazione di quelli che comunemente oggi si chiamano OGM 2.0. una nuova generazione di organismi geneticamente modificati attualmente all’esame della Commissione Europea.
Le controverse colture così generate sono al centro di un’analisi giuridica da parte dell’Esecutivo comunitario per valutare se rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/18/CE sull’emissione deliberata nell’ambiente di OGM e della direttiva 2009/41/CE sull’impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati.
Le conclusioni del gruppo di esperti dovrebbero essere pubblicate entro fine marzo e stabilire se alcune di queste nuove tecniche di selezione vegetale potranno essere introdotte in questa legislazione. L’interpretazione giuridica sarà poi sottoposta agli Stati membri, ai rappresentati del Parlamento europeo e alle parti interessate. L’ultima parola sulla normativa UE, in ogni caso, spetterà alla Corte di Giustizia Europea. Dalla quale verrà il parere definitivo e vincolante per l’interpretazione del diritto comunitario.
Vero e proprio rompicapo per le istituzioni europee dal momento che queste tecniche fanno sì ricorso a metodi di ingegneria genetica, ma spesso i prodotti ottenuti non presentano sequenze geniche esogene come nei tradizionali organismi geneticamente modificati. Nessun DNA estraneo finisce cioè nelle piante biotech e non si tratterebbe di OGM, dicono i loro sostenitori. I contrari, invece, vedono in questo approccio solo un altro tentativo di far rientrare sui mercati europei, dalla finestra, gli organismi geneticamente manipolati cacciati dalla porta nei mesi scorsi. Difficile quindi attribuire loro uno status che possa determinarne l’eventuale bando dal suolo UE o meno. Ecco perché in Europa si discute, ormai da tempo, del loro trattamento giuridico e in particolare se debbano rientrare nella legislazione sugli OGM.
Alla chiarezza di questi aspetti sono interessati, prima di tutto coloro i quali temono che si tratti di OGM mascherati. Questi nuovi organismi, infatti, potranno finire per essere liberi di circolare sul mercato senza etichettatura. Ma naturalmente anche le tante imprese europee che fanno ricerca in questo settore. Nonostante, infatti, molti stati UE abbiano vietato coltivazione e commercio di OGM sul proprio territorio, il Vecchio Continente rimane leader nella ricerca nel campo del miglioramento genetico. Stando, infatti, a quanto dichiarato dalla NBT Platform, una coalizione di PMI, grandi imprese e istituti di ricerca specializzati nel campo, il 46% della ricerca globale sulle nuove tecniche di ingegnerizzazinone viene prodotto in Europa.
Attualmente, non vi è alcun uso commerciale di NBTs in Europa. Tuttavia, molte organizzazioni in tutto il mondo li usano nella loro ricerca, e i primi prodotti commerciali hanno già raggiunto il mercato, ad esempio in Nord America. Se l’UE rinuncerà alla tracciabilità dei prodotti derivati dalle nuove tecniche questi prodotti potranno sfuggire alle valutazioni di impatto e all’etichettatura. Un effetto non da poco nel momento in cui il TTIP è in fase negoziale tra Unione Europea e Stati Uniti. L’etichettatura degli OGM in Europa è considerata, dagli americani, una barriera non tariffaria da eliminare per fluidificare gli scambi. Il parere sulle new breeding techniques potrebbe quindi essere un’ occasione, per Bruxelles, per muovere i primi passi verso l’apertura di un canale di importazioni.
La nuova Presidenza olandese del Consiglio dell’Unione Europea, ha però appena illustrato le priorità del semestre alle commissioni del Parlamento UE e inserito tra i principali obiettivi il raggiungimento di un accordo politico sulla riforma della normativa comunitaria in materia di agricoltura biologica. Il ministro incaricato si è detto ottimista circa la possibilità di arrivare a un compromesso entro giugno. Dovranno, tuttavia, essere sciolti i punti più controversi della riforma, tra cui la presenza di sostanze non autorizzate nell’agricoltura bio.
Beatrice Credi