Perdita biodiversità: i risultati del progetto Life+ sull’uso degli OGM
I risultati del progetto Life+ “Validation of risk management tools for genetically modified plants in protected and sensitive areas in Italy” sulla valutazione dei rischi delle piante OGM nelle aree protette e sensibili in Italia sono stati presentati il 12 dicembre nel corso di un convegno organizzato dall’ENEA, capofila del progetto.
Il risultato finale è stato la convalida di una metodologia per il monitoraggio e la gestione dei possibili effetti ambientali delle piante geneticamente modificate sulla biodiversità vegetale e animale in condizioni reali di coltivazione. Gli studi, realizzati con la sperimentazione in campo senza l’utilizzo di colture geneticamente modificate, si sono concentrati sulla analisi dei livelli preesistenti di biodiversità nelle aree da proteggere.
L’iniziativa, del valore di 700 mila euro ha riguardato quattro regioni italiane: Emilia-Romagna, Lazio, Puglia e Basilicata, quest’ultima nell’area SIC della costa Jonica, foce del Bradano.
La valutazione dell’esposizione è stata effettuata attraverso il monitoraggio di quattro aree protette nell’ambito delle suddette regioni, simulando una possibile esposizione a coltivazioni di mais e colza al fine di monitorare le interazioni fra gli agro-ecosistemi e le aree adiacenti, in particolare tramite la dispersione del polline. Attraverso la valutazione e il monitoraggio delle principali funzioni ecologiche, quali l’impollinazione naturale, il controllo dei parassiti, le funzioni del suolo ecc. è possibile capire quali possano essere le conseguenze del flusso genico da colture geneticamente modificate verso gli habitat circostanti. Studiando simultaneamente i due eventi è stato possibile produrre una caratterizzazione biologica delle quattro aree protette del progetto utilizzando anche modelli matematici. Il progetto ha permesso anche di classificare l’entomofauna (Lepidotteri, Coleotteri Coccinellidae) e la flora infestante (Brassicaceae), che ha permesso di acquisire ulteriori conoscenze dell’area protetta con l’individuazione di diverse specie animali e vegetali che fino ad oggi erano sconosciute in queste aree.
La Commissione Europea punta a demandare la gestione del rischio relativa agli OGM nelle aree protette ai singoli Stati membri, mentre il processo decisionale rimarrà comunque centralizzato. In aggiunta, gli Stati membri sono chiamati a coinvolgere nel processo gestionale anche le reti di monitoraggio ambientale nazionali. Il progetto ha già anticipato questo approccio e ha già conseguito risultati concreti. Il team di progetto ha infatti censito le reti di monitoraggio ambientale esistenti in Italia e ha anche dato una prima valutazione della loro applicabilità nell’ambito del monitoraggio degli OGM.