Philippe Daverio: il paesaggio è un patrimonio culturale
Philippe Daverio è uno dei più noti critici e divulgatori d’arte italiani. Ha curato mostre e pubblicazioni, condotto programmi tv e scritto diversi libri: nell’ultimo, “Il museo immaginato” (Rizzoli), racconta al pubblico alcuni capolavori dell’arte di tutti i tempi, che costituiscono la sua collezione ideale. È direttore della rivista Art e Dossier. Conduce la trasmissione Il Capitale e la serie Passepartout su Raitre, mentre in passato ha condotto Emporio Daverio su Rai 5. Dal 1993 al 1997 è stato anche Assessore alla Cultura del Comune di Milano e nel settembre 2010 è stato nominato direttore del Museo del Paesaggio di Verbania, dove si è dimesso polemicamente dopo soli due mesi, a causa di un “consiglio di amministrazione permeato da piccoli interessi locali”. Il paesaggio è comunque per Daverio “un patrimonio culturale fondamentale”.
D) Daverio, esiste un rapporto tra l’opera d’arte e l’ambiente che la circonda?
R) Sì, assolutamente. L’opera nasce proprio dall’ambiente che ha intorno. C’è un rapporto stretto tra opera e ambiente storico: dopo anni si è capito che non serve a niente restaurare un paese antico se intorno abbiamo costruito dei casermoni tremendi.
D) E per quanto riguarda i parchi come la Fattoria di Celle, in cui le opere sono immerse nella natura?
R) In realtà è importante chiarire che in Europa l’ambiente naturale non esiste quasi più, la maggior parte è paesaggio antropizzato. La Fattoria di Celle è un bell’esempio di parco di sculture: veniamo da secoli di messa in dialogo di sculture con i giardini, che sono un paesaggio fatto con le piante, ma progettato. L’ambiente in cui si trova l’opera, ripeto, è comunque fondamentale. Prendiamo il Cristo di Rio De Janeiro: non ci sarebbe lo stesso rapporto se, al posto della città, ai suoi piedi ci fosse la foresta. Se penso invece a un’opera d’arte immersa nell’ambiente naturale, mi vengono in mente i templi di Angkor, in Cambogia, la cui bellezza risiede proprio nell’essere “mangiati” dalla foresta.
D) Possiamo dire che anche il paesaggio rappresenta un patrimonio culturale?
R) Certo. Il paesaggio è un patrimonio culturale fondamentale. Pensiamo alle Langhe, in cui c’è un equilibrio perfetto tra campagna, manufatti, edifici. Purtroppo, nuove costruzioni come quelle realizzate ad Alba sono una deturpazione del paesaggio, un vero e proprio insulto…
D) Lei nel 2010 è stato anche presidente del museo del Paesaggio di Verbania, ma l’esperienza è durata poco, perché?
R) Il Museo era gestito da un consiglio di amministrazione permeato da piccoli interessi locali, di cui non volevo essere responsabile. Poteva essere un progetto molto interessante, anche se alla gente del posto non importava niente. L’unica persona interessata era il Sindaco, che aveva una certa sensibilità.
D) Salvatore Settis, nel libro “Paesaggio Costituzione Cemento”, scrive che nel degrado ambientale si riflette un degrado civile della società. Lei è d’accordo?
R) Sì, sono pienamente d’accordo. La deturpazione del paesaggio è segno del degrado morale e civile italiano, è come la pustola che è segno della sifilide.
D) Che ne pensa dell’arte che utilizza materiali riciclati? Ci sono esempi validi?
R) Sì, è un filone molto interessante. Forse la caratteristica principale della modernità è aver capito che produciamo molto di più di quello che possiamo consumare. Non mangiamo mai tutto fino in fondo, e quel che rimane contiene sempre un po’ di poesia. La conquista dell’arte moderna è stato utilizzare questi residui nelle opere d’arte. Una tendenza che comincia all’inizio del XX secolo con Marcel Duchamp e dura ancora oggi, per esempio nelle opere esposte sul monte Amiata nel Giardino di Daniel Spoerri, curato dalla fondazione omonima.
D) Ovunque vediamo disastri ecologici. Raccontarli è una sfida per l’arte del nostro tempo?
R) Sì, sarebbe una sfida, ma l’arte lo fa pochissimo. L’arte ha perso il contatto con la realtà, ha solo quello con le finanze. Non ha più nessuna valenza sociale. Ci sono artisti sconosciuti che si occupano di questi temi: Gaetano Orazio, per esempio, fa lunghe passeggiate nelle Prealpi alla ricerca delle salamandre, e poi le trasforma in opere d’arte. Ma il business dell’arte e della finanza è puramente cinico, a nessuno importa di quello che dice Orazio.
Veronica Ulivieri